Langhe e Monferrato,
Patrimonio mondiale dell’umanità
Cesare Pavese lo scriveva già sessant’anni fa: «Non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto. Una vigna ben lavorata è come un fisico sano, un corpo che vive, che ha il suo respiro e il suo sudore». Lo sanno bene i contadini di Langhe, Roero e Monferrato, che da generazioni plasmano le colline del Sud Piemonte per produrre vini di successo mondiale.
Ma qui siamo a Doha, rigorosa capitale del Qatar, e da convincere c’è prima di tutto la «sceicca» Al Mayassa Bint Hamad, potente sorella dell’emiro Al Thani che presiede i lavori del 38° comitato Unesco vestendo l’abaya, il tradizionale abito nero che copre tutto il corpo. Sarà lei, con i 21 Stati membri di turno del Comitato, a decidere oggi se i paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato potranno entrare definitivamente nel ristretto club Unesco e fregiarsi del titolo di patrimonio mondiale. Se tutto filerà liscio, sarà il cinquantesimo sito iscritto dall’Italia, il primo interamente basato sulla cultura del vino e della vite.
Così, una candidatura nata quasi in sordina dieci anni fa nelle cattedrali sotterranee di Canelli – le monumentali cantine dove è nato lo spumante italiano – diventerà realtà ai bordi del deserto arabico, nell’avveniristico Qatar National Convention Centre, in un Paese islamico dove il vino è relegato ai lussuosi ristoranti frequentati dagli stranieri. E dove i francesi della Borgogna e della Champagne staranno a guardare: le loro candidature sono ancora in alto mare. A dire il vero, i più scaramantici consigliano di usare ancora il condizionale. «Con questi comitati, non si può mai sapere fino all’ultimo come va a finire», spiega Francesca Riccio, inviata a seguire i lavori dal ministero dei Beni culturali. Ma ormai, dopo il parere positivo e «senza riserve» dei tecnici dell’Icomos, tutti danno il sì per certo. Al punto che la delegazione italiana arrivata in Qatar si è portata dietro anche una chef stellata, Mariuccia Ferrero, per festeggiare domani sera nella calura di Doha con piatti piemontesi.
La vera festa si farà comunque a casa, nel nuovo sito Unesco che ha una estensione di oltre diecimila ettari e coinvolge 29 comuni nelle tre province di Cuneo, Asti e Alessandria. Le sei zone principali sono: Langa del Barolo, Castello di Grinzane Cavour, Colline del Barbaresco, Nizza Monferrato e il Barbera, Canelli e l’Asti Spumante, Monferrato degli «infernot», mentre il Roero resiste nel titolo grazie al «trattino» che lo lega alle Langhe. «Un esempio eccezionale di paesaggio culturale inteso come prodotto nel tempo dell’interazione tra uomo e natura, plasmato dalla continuità di una tradizione antica finalizzata a una produzione vinicola di eccellenza» è il tributo in arrivo dall’Unesco, chiudendo un occhio su qualche capannone di troppo, soprattutto nei fondovalle.
Le ricadute positive del riconoscimento possono essere molto ampie, come testimoniano i siti promossi in passato, con una crescita del turismo intorno al 30% nei primi cinque anni. Un balzo che andrà però gestito e consolidato nel solco del turismo sostenibile. Lo sa bene l’Associazione per il patrimonio dei Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, che dopo aver curato (con l’istituto Siti) la candidatura, è pronta ad aprire una nuova pagina. «Stiamo già lavorando per coordinare le attività previste nel piano di gestione, a partire dalla valorizzazione e dal mantenimento del patrimonio», dicono il presidente Gianfranco Comaschi e il direttore Roberto Cerrato. L’ingresso nel club Unesco è un punto di partenza, non di arrivo.
La Stampa, 21/06/2014